Il Buon Pastore (1/2) - Un Giorno Un Pensiero

Vai ai contenuti

Menu principale:

Il Buon Pastore (1/2)

MEDITAZIONI
 
 

IL BUON PASTORE

di George Whitefield



"Le mie pecore ascoltano la mia voce, io le conosco ed esse mi seguono; e io do loro la vita eterna e non periranno mai, e nessuno le rapirà dalla mia mano" (Giovanni 10:27-28).


Sermone d'addio ( L'ultimo sermone predicato da Whitefield a Londra, mercoledì 30 agosto 1769, prima della sua ultima partenza per l'America )


È un detto comune e, io credo, giusto, quello che afferma che il malcostume produce buone leggi. Non so se esso si possa o meno applicare ad ogni situazione di questo mondo, ma sono persuaso che sia molto adatto alle realtà spirituali: i modi, le parole, e la condotta malvagia degli uomini sono stati vinti dalla grazia sovrana di Dio, per produrre, ed essere la causa, dei migliori sermoni predicati dal Signore Gesù Cristo.

Si potrebbe immaginare che, essendo egli venuto quale Figlio di Dio, tutti si sarebbero convertiti alla sua predicazione; si potrebbe immaginare che sarebbero stati talmente colpiti dalla presenza dello Spirito di Dio che tutti avrebbero riconosciuto che egli era il Messia che doveva essere suscitato in Israele dopo Mosè. Tuttavia, è raro trovare passi in cui il Signore predicava un sermone e non c'era qualcuno che iniziava a cavillare su quello che diceva; anzi, l'avversione di costoro si manifestava spesso con veemenza. In molte occasioni gli uomini hanno manifestato verso Cristo quell'odio che li avrebbe portati poi a spandere il Suo sangue innocente.
In questo capitolo Gesù dichiara di essere il buon pastore che depone la sua vita per le pecore, eppure gli dicono che è un indemoniato fuori di sé; leggiamo che nasce un dissenso tra i Giudei, e molti di loro dicono: "Ha un demonio ed è fuori di sé; perché lo ascoltate?". Se il Signore fu servito in questa maniera, cosa dovrebbero aspettarsi i suoi servitori? Altri ancora dicono: "Queste non sono parole di un indemoniato. Può un demonio aprire gli occhi ai ciechi?".
Tutto ciò non scoraggia il nostro Signore; egli va avanti nella sua opera; e noi non andremo mai, mai avanti nell'opera di Dio fino a che, come il nostro Maestro, saremo disposti a procedere sia di fronte alle critiche che di fronte agli elogi; e dimostriamo al diavolo che non siamo disposti a lasciarci condizionare né dalle sue minacce, né dalle sue lusinghe.

Leggiamo che Cristo si trovava a Gerusalemme per la festa della dedicazione, e che era inverno; la festa durava, credo, sette o otto giorni e commemorava la ricostruzione del tempio e dell'altare, dopo che Antioco li aveva profanati. Questa festa fu certamente istituita dagli uomini e non da Dio, eppure non leggo che il nostro benedetto Signore e Maestro predicò contro di essa; non perse del tempo contro questa tradizione; il suo cuore era rivolto a cose ben superiori; e io credo che quando noi, come lui, siamo ripieni di Spirito Santo, non intratterremo le persone con dispute riguardanti riti e cerimonie, ma proclameremo il puro evangelo, e allora i riti e le cerimonie perderanno la loro importanza.
Il nostro Signore non rifiuta di andare verso la festa; al contrario, egli passa di là, ma non per parteciparvi, quanto piuttosto per avere un'opportunità di gettare la rete dell'evangelo; e anche noi dovremmo seguire questo metodo, invece di disputare. È la gloria del Metodismo che sono passati quarant'anni e, ringrazio Dio, nessuno dei nostri predicatori ha mai scritto un singolo opuscolo che non riguardasse le dottrine essenziali della Scrittura.

Il Signore sfruttava al massimo ogni opportunità; leggiamo che "Gesù passeggiava nel tempio, sotto il portico di Salomone". Si potrebbe pensare che gli scribi e i Farisei lo avrebbero chiamato per salutarlo e chiedergli di predicare; ma invece lo lasciarono camminare sotto il portico. Alcuni credono che camminasse da solo. A me sembra di vederlo mentre passeggia osservando il tempio e, pensieroso ed afflitto, prevede la sua imminente distruzione e le calamità che si sarebbero abbattute su Gerusalemme perché non aveva riconosciuto il tempo in cui era stata visitata. Serviva a far vedere alla gente che non aveva paura di loro: passeggia, quasi a volerli invitare a parlargli, e se avessero avuto qualcosa da chiedergli egli era pronto a intervenire; e per mostrare loro, che anche se essi lo odiavano, lui era lì per loro, per predicargli la salvezza di Dio.

Al verso 24 di questo capitolo leggiamo che i Giudei chiesero a Gesù: "Fino a quando ci terrai con l'animo sospeso?". Essi lo attorniarono mentre passeggiava sotto il portico di Salomone, per attaccarlo. E si adempiva così la profezia del Salmo: "Mi avevano circondato come api" (Salmi 118:12).
Ora, la domanda rivolta a Cristo, "Fino a quando ci terrai con l'animo sospeso?", può sembrare plausibile. In realtà, quegli uomini ritenevano che Gesù agisse come Absalom, il quale cercava con astuzia per accattivarsi il cuore della gente di Israele allo scopo di farsi proclamare Messia. Coloro che hanno la mente carnale hanno sempre interpretato in questo modo le azioni degli uomini pii. Sembra che i Giudei desiderassero che Gesù parlasse loro più apertamente a causa di alcuni dubbi: "Se tu sei il Cristo, diccelo apertamente". E non dubito che mentre parlavano con Cristo per ingannarlo, la loro espressione appariva estremamente umile e devota. Se non avesse risposto positivamente, lo avrebbero accusato di essere un codardo; se, invece, avesse confessato di essere il Cristo, lo avrebbero accusato davanti al governatore romano di voler usurpare il posto di Cesare. Il diavolo cerca sempre di far credere che il popolo di Dio, il quale è composto dalle persone più oneste che esistono nel mondo, sia rivoltoso e ribelle ai governanti. "Se tu sei il Cristo, diccelo apertamente".

Il nostro Signore non li lascia in attesa, ma subito risponde dicendo: "Io ve l'ho detto, ma voi non credete; le opere che faccio nel nome del Padre mio, sono quelle che testimoniano di me". Se avesse detto: "Io sono il Messia", l'avrebbero accusato; egli sapeva di dover essere "prudente come il serpente e semplice come la colomba" (Matteo 10:16). E aggiunge: "Voi non credete, perché non siete delle mie pecore". Egli ripete per ben due volte che il loro cuore è incredulo, in quanto la loro incredulità era la cosa che più rattristava il suo cuore.
Il nostro testo continua: "Le mie pecore ascoltano la mia voce, io le conosco ed esse mi seguono; e io do loro la vita eterna e non periranno mai, e nessuno le rapirà dalla mia mano". Le mie pecore ascoltano la mia voce; pensate di mettermi in difficoltà, di contrariarmi, ma vi sbagliate; non credete in me perché non siete delle mie pecore.
Solomon Stoddard una volta ha predicato sulle parole di Cristo: "Voi non credete, perché non siete delle mie pecore". Può sembrare un testo che difficilmente si adatta alla predicazione, per convincere coloro che ascoltano! Eppure Dio benedì a tal punto quella predicazione, che duecento persone su trecento furono risvegliate tramite quel sermone: Dio benedica in questa maniera il lavoro di tutti i suoi fedeli ministri.

"Le mie pecore ascoltano la mia voce, e mi seguono". È importante notare che ci sono solo due tipi di persone menzionati nella Scrittura: non si parla di Battisti e Indipendenti, né di Metodisti e Presbiteriani; no, Gesù Cristo divide il mondo intero in due sole classi, pecore e capre: il Signore ci aiuti a comprendere a quale di esse apparteniamo.

Osserviamo che i credenti sono sempre paragonati a qualcosa che è buono e utile, mentre per gli inconvertiti accade il contrario.
Con l'aiuto di Dio, cercherò di illustrarvi il motivo per cui Cristo chiama i suoi pecore. Le pecore, come sapete, vivono insieme; infatti parliamo sempre di greggi di pecore; sono creature piccole, e il popolo di Cristo può essere chiamato così perché sono piccoli agli occhi del mondo, e ancora di più ai loro stessi occhi. Tra noi non ci sono "molti savi secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili, ma Dio ha scelto le cose stolte del mondo per svergognare le savie; e Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le forti" (1 Corinzi 1:26-27). Isaac Watts disse: "Qui vedo un re, e lì un grande uomo, ma il loro numero è esiguo".

Le pecore sono tra gli animali più innocui e mansueti creati da Dio: oh, voglia il Signore, nella sua infinita misericordia, confermarci che siamo sue pecore, infondendo nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo questo santo atteggiamento di mansuetudine. "Imparate da me", disse il nostro benedetto Signore. A fare cosa? Forse compiere miracoli? No: "Imparate da me, perché io sono mansueto ed umile di cuore" (Matteo 11:29). Un uomo pio disse una volta che se c'era una particolare condizione d'animo che egli desiderava più di ogni altra, questa era l'umiltà; sopportare con mitezza i maltrattamenti, dimenticare e perdonare: e sebbene colpito, per grazia vincere il male col bene. La Scrittura onora Mosè testimoniando che egli era "un uomo molto mansueto, più di chiunque altro sulla faccia della terra" (Numeri 12:3). L'umiltà è necessaria per gli uomini di potere; le persone passionali sono pericolose.

Tutti sapete che le pecore, tra tutte le creature del mondo, sono quelle che tendono a vagare e a smarrirsi più facilmente; il popolo di Cristo può dunque, giustamente, essere rapportato alle pecore; perciò, nell'introdurre il servizio di questa mattina diciamo: "Noi tutti come pecore eravamo erranti, ognuno di noi seguiva la propria via" (Isaia 53:6). Abbandonate un cane o un cavallo: essi troveranno la strada per tornare a casa. Ma non le pecore. Così anche noi, facilmente ci perdiamo e quando distogliamo lo sguardo dal buon pastore cominciamo a vagare qua e là e, avendo perso il senso dell'orientamento, torniamo all'ovile stanchi e feriti.

Ma, al tempo stesso, le pecore sono molto utili. Esse preparano infatti i terreni per la semina; ci forniscono la loro lana per coprirci, e non c'è nulla della pecora che, in un modo o in un altro, non serva a qualcosa: oh, fratelli miei, che il Signore faccia in modo che anche in questo il nostro carattere assomigli a quello delle pecore e ci renda utili nell'opera sua! Il mondo ci accusa di annullare le buone opere perché predichiamo la salvezza per fede; ma è una calunnia. I credenti sono persone che lavorano con le proprie mani per dare quello che possono a tutti coloro che ne hanno bisogno.

Osserviamo anche che Cristo dice: "Le mie pecore". Oh, sia benedetto Dio per quella piccola grande parola: "mie"! I credenti appartengono a Cristo! Il Padre ci ha eletti in lui: "Il Padre mio, che me le ha date". Queste pecore furono date da Dio Padre a Gesù Cristo, nel patto che stabilirono prima della fondazione del mondo. La mia preghiera è che coloro che non comprendono queste verità, ricevano più luce. Sono convinto, infatti, che molti di essi siano dei veri credenti. Però, anche se il loro cuore ha sperimentato la grazia, la loro mente ha bisogno di più chiarezza intorno a queste verità. Che Dio ci aiuti ad amarci l'un l'altro con cuore sincero!

Cristo le chiama "le mie pecore"; gli appartengono perché le ha acquistate. Oh, peccatori, peccatori! Questa mattina siete venuti qui per ascoltare una povera creatura dare il suo saluto d'addio, ma vorrei che dimenticaste colui che predica in questo Tabernacolo, perché vorrei portarvi in un altro luogo. Mi direte: "Ma dove vuoi portarci"? Al Calvario! Al Calvario per contemplare il sangue che Cristo ha sparso per acquistare coloro che il Padre gli ha dato. Cristo ha redento gli eletti col suo sangue, soddisfacendo in questo modo la giustizia divina in base al patto che aveva stabilito col Padre. É stato un compito duro e doloroso, ma Cristo fu disposto ad essere ubbidiente fino alla morte della croce, affinché io e voi potessimo scampare dall'ira a venire.

Le pecore sono di Cristo perché nel giorno in cui Dio le visita con potenza esse sono rese capaci di seguire volontariamente il buon pastore: "Le mie pecore ascoltano la mia voce ed esse mi seguono". Ponete ben mente a queste cose!
Ecco un'allusione a un pastore. Ora, in alcuni passi della Scrittura, è detto che il pastore "segue" le pecore (2 Samuele 7:8; Salmi 78:71), come avviene qui in Inghilterra. Tuttavia, in Oriente, il pastore solitamente precede il gregge e, col bastone in mano, chiama le pecore in un modo particolare ed esse seguono il suo richiamo. Cristo dice che le sue pecore ascoltano la sua voce. Il Padre fece udire la sua voce e disse: "Questi è il mio amato Figlio in cui mi sono compiaciuto: ascoltatelo". E in un'altra occasione disse: "In verità, in verità vi dico: l'ora viene, anzi è venuta, che i morti udranno la voce del Figlio di Dio e coloro che l'avranno udita vivranno". Ora, la domanda è: cosa significa udire la voce di Cristo?

Prima di udire la voce di Cristo bisogna udire la voce di Mosè, ovvero la voce della legge di Dio. Non si può giungere al monte Sion se prima non si passa per il monte Sinai! Questa è l'unica via! So che ci sono alcuni che non sono in grado di indicare quando si sono convertiti, ma il modo di operare del Signore non lascia quasi mai in questa incertezza. Coloro che sono stati salvati, prima di vedere la salvezza della croce, hanno udito la condanna della legge. Voglio dire che la chiamata salvifica alla vita è sempre preceduta dal confronto con la legge di Dio. Come quando fa freddo stringiamo di più il nostro cappotto, così la legge fa stringere l'uomo alla sua corruzione (Romani 7:7-9); ma, quando l'Evangelo di Cristo rischiara la sua anima, il peccatore si spoglia della corruzione alla quale era attaccato inseparabilmente e allora Cristo dichiara che i suoi peccati sono rimessi.
I credenti ascoltano la voce di Cristo nel senso che essa, abitualmente, è oggetto dei loro pensieri. Quando erano figli del diavolo ascoltavano continuamente la sua voce, la voce della concupiscenza della carne, della concupiscenza degli occhi e dell'orgoglio della vita. Ma quando Dio li ha chiamati, hanno udito la voce del sangue che parlava di riconciliazione col Padre e da allora vivono ascoltando la voce della Parola e dello Spirito.

Quando uno ascolta veramente la voce di Cristo, la prova è che egli segue il Maestro. Gesù disse: "Se qualcuno mi vuole seguire, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua". I santi in gloria sono descritti come coloro che hanno seguito l'Agnello 'dovunque' (Apocalisse 14:4). Seguire Cristo significa seguirlo ogni istante della nostra vita, in ogni gesto, in ogni parola e in ogni circostanza. Quando il pastore fa un segno col bastone, la pecora segue quell'indicazione. I veri credenti, dopo aver atteso che il buon pastore mostri loro la via col bastone, camminano dietro di lui imitandolo nel modo di pensare, di parlare e di operare.

segue...


 
Torna ai contenuti | Torna al menu